Agganciare l’evoluzione della competitività industriale alla transizione green (Innovability). Costruire una rete efficace con i 12 Cluster Tecnologici Nazionali creati dal Mur. Allargare la base associativa del CFI coinvolgendo maggiormente filiere e Regioni. Sono questi i pilastri su cui il CFI dovrebbe focalizzarsi per il futuro. Puntando sempre più su Lighthouse Plant e Pathfinder. Le sfide per l’Open Innovation e l’ecosistema del manifatturiero. Il bilancio di Luca Manuelli al termine del mandato triennale
Si avvicina l’Assemblea del Cluster Fabbrica Intelligente (Cfi), l’associazione che dal 2012 riunisce tutti i portatori di interesse del manifatturiero avanzato in Italia (aziende, regioni, , università ed enti di ricerca ed associazioni) per creare una comunità stabile e competitiva. L’evento è previsto per il 20 aprile. Ed è tempo di bilanci. È terminato, infatti, il mandato del presidente Luca Manuelli che ha guidato il Cfi dal 2019. Manuelli – laurea alla Luiss, studi all’Imperial College e master in economia a Unioncamere, già Cdo di Ansaldo Energia e Ceo di Ansaldo Nucleare, da qualche giorno direttore generale dell’Ater di Roma – ha lasciato il segno sull’associazione, e ora consegna ai soci e agli stakeholder del Cluster tre messaggi forti. Anzitutto, quello di agganciare l’evoluzione della competitività della manifattura italiana al grande trend generale della transizione green; in secondo luogo, quello di lavorare ad una piena valorizzazione dei 12 Cluster Tecnologici Nazionali creati dal Mur; in terzo luogo, quello di allargare ulteriormente la base associativa del Cfi facendo leva sulla sua missione inclusiva di Cfi: più Regioni coinvolte, più filiere industriali.
Il fatto è che, dopo il 2019, è cambiato il mondo. Una parte della manifattura segna il passo a causa di fenomeni che, quando Manuelli ha assunto l’incarico, non erano immaginabili. La pandemia di Covid-19 ha messo in luce il pericolo emergente dall’interruzione di catene di fornitura lunghe e globalizzate. La guerra in Ucraina ha prodotto un ulteriore rincaro dei costi energetici: lo stop alla fornitura russa di metano e petrolio ha accentuato fenomeni rialzisti già in corso. Sempre con la guerra, sono venute a mancare materie prime e componenti essenziali per molti settori del manufacturing.
La reazione del Cluster di fronte all’emergenza Covid del 2020, è stata quella di puntare i riflettori sulla resilienza, che però è un fattore di sistema: nessuna impresa è resiliente da sola, se non lo è il contesto in cui opera. Dunque l’attenzione di Cfi ha riguardato soprattutto le filiere nella logica della riconfigurazione delle catene del valore, che vanno rivisitate e sostenute per rispondere rapidamente ai cambiamenti improvvisi della domanda e per adattarsi ad interruzioni impreviste. In questa ottica si inserisce anche la questione energetica: bisogna ridurre la dipendenza del fabric da risorse esterne, e per far ciò vanno intraprese le strategie più adatte alla scelta delle tecnologie da sviluppare. Anche in collegamento con altri cluster tecnologici, che nel corso del suo mandato, sono stati definitivamente riconosciuti dal Mur. Accanto a questo risultato che ha permesso di consolidare la sostenibilità del Cfi nel lungo termine, Manuelli ha dato impulso ai principali filoni di attività avviati ed inserito nuove iniziative sinergiche al rafforzamento della sua missione inclusiva.
In particolare, il numero dei Lighthouse – l’avanguardia della manifattura italiana avanzata, e cioè stabilimenti industriali capaci di “dimostrare” ad aziende più piccole l’efficacia “pratica” delle nuove tecnologie – ha raggiunto quota sei (sono Ansaldo Energia, Tenova Ori-Martin, Hitachi Rail, Abb Italia e, più recentemente, Hsd e Opificio Digitale- Wärtsilä Italia); si sono sviluppate iniziative di filiera e di Open Innovation collegate ai Lighthouse Plant che hanno permesso di coinvolgere in maniera organica fornitori tradizioni e “innovativi” delle loro filiere; nell’ecosistema dell’associazione sono entrati anche cinque Pathfinder (Sap Italia, Deloitte Italia, Cisco Italia, EY e Siemens Industry Software), partner tecnologici in grado di immaginare il futuro e le traiettorie delle tecnologie di cui si occupano, aiutando la community del cluster a prendere la giusta direzione sia nell’attività di Roadmapping che nel supporto all’implementazione delle Fabbriche Faro. Tutto ciò è emerso dall’intervista a Manuelli.

D: Manuelli, l’Assamblea si avvicina. Ha dei messaggi da consegnare ai soci e agli Stakeholder del Cluster?
R: Sì. Il primo è che la manifattura deve trovare lo slancio per una profonda evoluzione, legata alla transizione ambientale ed energetica promossa dall’Europa e dal Pnrr. È una sfida, ma anche una chance importante per colmare il gap tra l’Italia ed altri Paesi europei, dove l’energia costa meno. Da noi, non va sottovalutato il segnale che il 20% delle aziende ha rallentato o fermato le macchine perché, in questo momento, produrre non conviene. E, anche in relazione allo scenario bellico in corso, non va sottovalutato il potenziale impatto di più lungo dell’aumento di costo delle materie prime, ove impatta indirettamente anche la spesa energetica. Certo, per conseguire gli obiettivi della transizione, occorre fare leva anche sulle nuove tecnologie, soprattutto nel campo delle rinnovabili e dell’idrogeno. Ma ci sono anche altre possibilità, come il “New Clear”, piccoli reattori a fissione (e, in futuro, a fusione) modulari e prefabbricati, per i quali l’Italia ha un importante know-how ed una filiera industriale competitiva con attori importanti come Ansaldo Nucleare. D’altra parte il Cluster, il vista degli obiettivi green nel manifatturiero, ha definito il concetto di INNOVABILITY, Innovation for Sustainability: nello scenario indirizzato dal Pnrr, la trasformazione digitale si integra alla trasformazione ambientale a supporto della sostenibilità industriale, intesa non solo come un insieme di tecnologie e strategie che consentono una minore dipendenza dall’esterno per l’approvvigionamento di risorse produttive critiche, ma anche come opportunità di sviluppo di altri temi strategici come l’economia circolare, la riprogettazione dei prodotti che ne consenta il riuso o il re-manufacturing. Sono temi che con il Mise e Confindustria abbiamo già messo a fuoco nell’impianto di Transizione 4.0 i cui obiettivi sono collassati nel più generale quadro del Pnrr. Il secondo messaggio riguarda il network dei 12 cluster tecnologici nazionali, di cui Cfi fa parte.

D: Quale messaggio vuole lasciare a proposito del network di cluster tecnologici nazionali?
R: I cluster hanno raggiunto un obiettivo comune, il riconoscimento quale requisito minimo per la loro continuità operativa. Infatti, nel corso della mia presidenza sono stati riconosciuti dal Mur, che ha anche definito la programmazione delle loro attività con relativo finanziamento attraverso la valutazione ed approvazione del Piano Triennale 2020-22. Ma, per il resto, le attività di indirizzo e coordinamento da parte del Mur non hanno permesso di sfruttare ancora a pieno le potenzialità del network. A mio avviso è il momento di passare ad una nuova fase propedeutica a costruire sinergie, fare squadra, crescere insieme grazie anche ad un supporto costante garantito dal Mur. Il terzo messaggio è invece legato alla missione inclusiva del cluster.
D: Cosa dire a proposito della missione inclusiva del Cluster?
R: Innanzitutto bisogna finalizzare al più presto la formalizzazione dell’allargamento della base Regionale, passando da 7 a 15. L’adesione infatti è aperta alle Regioni che hanno formalizzato un Accordo di Programma con il Mur sulle tematiche della Fabbrica Intelligente e alle organizzazioni da loro designate. Occorre inoltre ulteriormente ampliare la platea dei soci, anche in termini tipologici, rafforzando il peso specifico delle aziende manifatturiere ma dando più spazio e più forza anche al mondo dei player tecnologici e dell’open innovation. Va realizzato il giusto mix tra grandi e piccole aziende, soprattutto quando insieme costituiscono filiere produttive. Bisogna lavorare molto su quest’ultime. Come si diceva, la digital transformation di singole grandi aziende leader non basta più: bisogna focalizzarsi su quella delle filiere, che vanno rivisitate sia per conferire loro caratteri di maggiore resilienza che per renderle protagoniste della transizione green.

D: Come è diventato presidente del Cluster?

R: A marzo del 2019 si teneva Mecspe (fiera internazionale per l’industria manifatturiera; Ndr). Proprio lì, a Parma, nel corso dell’evento, c’era l’assemblea elettiva del Cluster. Il presidente uscente Gianluigi Viscardi aveva già fatto due mandati; e come rappresentante della piccola e media industria (la Cosberg di Terno d’Isola, Bergamo), riteneva che per consolidare il grande lavoro di avvio e sviluppo portato avanti con il Cfi, fosse il momento di una grande azienda che coordinasse una filiera strategica per il Paese. Una questione di alternanza. Il profilo di tale azienda poteva corrispondere ad Ansaldo Energia, di cui ero Cdo. In realtà, però, la relazione con il Cluster inizia l’anno prima. C’entra Ansaldo Energia.
D: Quindi, i primi contatti risalivano al 2018
R: I primi contatti con il Cluster li ho avuti nel 2018, tramite il collega ed amico Flavio Tonelli, docente di ingegneria meccanica dell’università di Genova e già membro dell’Ocg e del comitato tecnico scientifico (Cts) di Cfi. Mi aveva proposto di candidare la fabbrica di Genova di Ansaldo Energia come Lighthouse Plant (la Fabbrica Faro nella città della Lanterna). Gli impianti faro sono fabbriche eccellenti, il fiore all’occhiello di come in Italia si fa la manifattura. Ecco, a luglio del 2018 Ansaldo Energia (storica azienda nonché importante produttore mondiale di power generation) è diventata il primo Lighthouse Plant selezionato dal Mise. E quando si è tenuto il Mcspe con il suo Tunnel dell’Innovazione, il network si era già allargato ad altre tre eccellenze: Tenova Ori-Martin, Abb Italia e Hitachi Rail. Il 2019 è comunque un anno importante per Cfi, anche per altre ragioni.
D: Cos’altro accade, in effetti, nel 2019?
R: Ricorderei altri due eventi molto importanti per il Cluster. Anzitutto, la partecipazione al Forum dell’Innovazione Italia-Stati Uniti, a Stanford. C’era il Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Lì il Belpaese presenta alcune delle realtà più avanzate nella tecnologia, tra cui l’Impianto Faro di Ansaldo Energia come esempio di Advanced Manufacturing promosso dal Cfi. E poi la presentazione al Mur del Piano Triennale per lo sviluppo di Cfi; la sua approvazione, insieme a quello degli altri Cluster tecnologici, ha comportato, come si è accennato prima, il definitivo riconoscimento dei cluster da parte del Mur.

D: Cosa prevedeva il Piano Triennale?
R: Sfide di rilevo. Tra queste,lo sviluppo della Roadmap, documento che ha sia lo scopo di indirizzare le attività di ricerca e innovazione delle imprese, che proporre agli organi istituzionali quali i Ministeri dei percorsi di approfondimento per politiche industriali mirate, ed elemento chiave per supportare il PNR del MUR e l’allora Piano Industria 4.0 del MISE. Ma anche l’allargamento della base associativa con priorità verso il Sud e l’introduzione di ulteriori attori in grado di generare valore nel nostro ecosistema, come i Pathfinder. Ma nel febbraio 2020 cambia tutto.
D: Arriva la pandemia, nel febbraio 2020
R: Proprio così. Cambia il modello con il quale il Cluster porta avanti le attività: per poter portare avanti le attività non si fa nulla in presenza, ma con le piattaforme di comunicazione digitale. In questo contesto, Tullio Tolio, Presidente del CTS del Cfi, ha l’intuizione di sviluppare nel nuovo scenario di riferimento un’evoluzione della Roadmap, arricchita con il documento particolare, “Produrre un Paese resiliente e sostenibile” grazie ai contributi di una task force di 50 esperti provenienti dall’Industria, dalla R&S, dalle Università, dal mondo della Tecnologia e dell’Open Innovation. Il documento era diretto al decisore politico, e individuava tre categorie di interventi: in primis quelli immediati, per favorire l’accelerazione della digital transformation con l’acquisizione di beni strumentali, software, metodologie, e con l’adeguamento di soluzioni esistenti. Poi, quelli di medio termine specifici, e cioè quelli che, grazie alla R&I, possono dar vita a soluzioni per gestire l’emergenza. Infine, quelli di medio termine a carattere sistemico, per dotare il Paese di un sistema di manifattura di pronto intervento, in grado di produrre subito beni e strumentazioni utili nell’emergenza in tempi ridotti e in grandi volumi.

D: Dunque, nel 2020 la “resilienza” è al centro dell’azione del Cluster
R: Se per l’emergenza si rafforza il tema della resilienza, per il suo superamento emerge il tema della sostenibilità. Sviluppiamo questa visione che coincide, per molti versi, con gli scenari definiti dal Pnrr, che nel frattempo si sta componendo. Nel 2021, invece, si apre un nuovo scenario.
D: Quale scenario si apre, nel 2021?
R: La pandemia rallenta: il problema non è più l’emergenza sanitaria ma quella economico-finanziaria. Ciò ci consente di lanciare nuove sfide e conseguire importanti risultati. Ad esempio, rafforziamo il nostro posizionamento con l’allargamento dell’ecosistema a cinque Pathfinder – dopo Sape Deloitte, che per primi hanno aderito al Cfi, Cisco, EY e Siemens Industry Software; l’allargamento del Network dei Lighthouse Plants ad altri due Impianti Faro, Hsd e Opificio Digitale (Wärtsilä Italia). Lanciamo le iniziative di filiera partendo da Aenet 4.0, un processo innovativo portato avanti da Ansaldo Energia, in collaborazione con il Network dei DIH di Confindustria e i Competence Centre creati dal MISE, per selezionare e accompagnare circa 100 fornitori italiani a migliorare la loro maturità digitale; e proseguendo con una analoga iniziativa realizzata da Abb per una ventina di supplier legati al Lighthouse di Dalmine. Creiamo un bridge tra il mondo manifatturiero e quello dell’Open Innovation, attraverso l’XFactory Open Innovation Challenge (XFoic), che consente a start-up e Pmi innovative di formulare le loro idee per risolvere sfide lanciate dai Lighthouse Plant.

D: Qual è, secondo Lei, il risultato principale che il Cluster ha conseguito nella sua Presidenza?
R: Siamo riusciti a definire e condividere un’agenda di contenuti importanti adattandoli ad uno scenario di riferimento che è cambiato velocemente e significativamente, consolidando la sostenibilità economico–finanziaria di lungo termine e rafforzando il rapporto di collaborazione con tutti i più rilevanti stakeholder istituzionali, tra i quali, il Mur, il Mise e Confindustria..
D: Quando sarebbe dovuto terminare il mandato dell’attuale Ocg?
R: Nel 2021: in uno scenario fortemente caratterizzato dalla pandemia e dal cambiamento dell’assetto del nostro Governo, ci è stato richiesto dagli associati di garantire la continuità operativa dello stesso attraverso una proroga annuale dell’attuale Ocg. Eccoci qui. L’Assemblea elettiva del nuovo Ocg si terrà il 20 aprile.

D: Qualche rammarico?
R: Quello di non essere riusciti a formalizzare l’allargamento del Cluster ad altre Regioni prima dell’attuale Assemblea elettiva, che avrebbe permesso di promuovere un’ulteriore evoluzione dell’attuale Governance finalizzata a dare voce e spazio ad altri importanti attori dell’ecosistema dell’innovazione del mondo manifatturiero. Confido in ogni caso che questo rimanga uno dei principali obiettivi dell’agenda di chi prenderà il mio posto.
D: A parte la Puglia, manca il Sud. Il Cluster ha cercato di coinvolgere il Meridione, ma senza troppo successo
R: In Meridione ci sono filiere industriali di assoluto valore che ho imparato ad apprezzare, come quella campana dell’aerospazio; e atenei di tutto rispetto, come l’università Federico II di Napoli e quella del Salento. Ci sono imprese capaci di crescere e di coinvolgere positivamente le proprie filiere. Ora, è un tema di reciprocità: da una parte noi come Cluster dobbiamo essere capaci di coinvolgere le tante realtà eccellenti del Sud; dall’altra il Mezzogiorno deve cogliere l’opportunità di far parte di eco-sistemi come il nostro, soprattutto in relazione allo scenario post-Covid nel quale si assisterà sempre di più ad una ricomposizione delle filiere, fenomeno che succede a quello della loro disgregazione. È una grande chance anche per il Mezzogiorno, che è peraltro destinatario di risorse significative da parte del Pnrr, per le infrastrutture e per le reti tecnologiche. Io sono ottimista.

D: Come immagina il Cluster del futuro?
R: Credo che da una parte si consoliderà la base, lo “zoccolo duro”, dall’altra ci sarà un inevitabile ed auspicabile “ricambio del sangue”, con attori nuovi, anche giovani con ruoli importanti all’interno dell’organizzazione e che possano favorire l’adozione di un linguaggio accessibile a tutti. Credo peraltro che si lavorerà sempre di più per ascoltare il territorio. Un altro tema importante è quello di rafforzare l’attività del Cluster a livello internazionale che ha conosciuto un rallentamento a causa del Covid. Credo che il Cluster debba riaprire i canali di comunicazione, anzitutto in Europa, ma anche con gli Stati Uniti e con la Cina. Non si parte da zero, anzi; ma è il momento di ripartire.