L’azienda è il nuovo pathfinder del CFI. La sua missione? Aiutare l’Associazione a sviluppare soluzioni che consentano di digitalizzare e integrare la supply chain. E contribuire alla redazione della seconda roadmap. Ne parliamo con il ceo di Siemens Industry Software Franco Megali, a partire dal futuro del software industriale
«L’azienda che guido è un osservatorio privilegiato quanto a software industriale e simulazione: ha, cioè, le carte in regola per svolgere il suo ruolo di Pathfinder». Parola di Franco Megali, ceo di Siemens Industry Software, un’azienda di 540 dipendenti con sede principale a Milano e facente parte di Digital Industries – del colosso tedesco Siemens – di cui Giuliano Busetto è head della Operating Company in Italia con responsabilità anche su alcuni Paesi dell’area del Mediterraneo. Ma che cos’è esattamente un Pathfinder?
Si tratta del partner tecnologico: il suo compito è appunto quello di aiutare il Cluster a mettere a fuoco le traiettorie di sviluppo dell’innovazione, di “prevedere” il futuro delle tecnologie abilitanti. Siemens Industry Software, la new entry, è il quarto Pathfinder, dopo gli ingressi di Sap Italia, Deloitte Italia e Cisco Italia. Sarà della partita per tre anni. Ma di quali tecnologie stiamo parlando? Di particolari software, come il Mom, il Plm e il Tia. Saranno descritti più avanti. In via preliminare, vanno sottolineate due circostanze. La prima è che consentendo una visibilità completa sui processi nonché della possibilità di incidere in tempo reale sul loro andamento, e permettendo di gestire il ciclo vita dei prodotti, queste tecnologie hanno assunto un rilievo crescente durante la pandemia, tanto da incrociare, come vedremo, alcuni passaggi di un altro documento importante di CFI, “Produrre un Paese resiliente”. La seconda è che sono in costante evoluzione, che va preconizzata oggi per domani e inserita nella Roadmap. Di tutto ciò abbiamo parlato con il ceo Megali.
Siemens Industry Software come pathfinder
I Pathfinder sono inquadrabili in due categorie: i player tecnologici, e cioè gli sviluppatori di tecnologie e applicazioni digitali a supporto del processo manifatturiero; e i system integrator, quelli in grado di supportare le aziende manifatturiere nella definizione di esigenze di innovazione tecnologica e nella relativa selezione e applicazione. A differenza di Deloitte Italia, ma come Cisco Italia e Sap Italia, l’azienda appartiene alla prima tipologia. In definitiva, l’azienda è chiamata a: individuare un’area di interesse nell’ambito della Roadmap di Cfi (ne parleremo fra poco; ndr); apportare risorse in grado di sviluppare i contenuti di innovazione tecnologica secondo processi definiti e coordinati dal cluster; mettere a disposizione facilities e capacità di presentazione e comunicazione di supporto per la valorizzazione i contenuti sviluppati nel loro ambito; infine, partecipare alle attività dei Lighthouse Plant e supportare specifici progetti in corso o avviarne di nuovi.
Come Siemens Industry Software contribuisce alla redazione della seconda roadmap di CFI
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La seconda Roadmap e il suo percorso
Già nel corso del 2020, il comitato scientifico del Cluster Fabbrica intelligente, presieduto da Tullio Tolio, ha iniziato a stilare la seconda Roadmap per la ricerca e l’innovazione dell’industria italiana. Una corsa al passo serrato, cui sono stati e sono impegnati sette Gruppi tematici tecnico scientifici (Gtts) formati da esperti, docenti universitari e soci del cluster. Sono chiamati a definire le necessità della manifattura italiana in termini di innovazione tecnologica, per rendere più competitivo il settore economico più rilevante del Paese. Il primo era stato sviluppato cinque anni fa, ed era allineato alle politiche di ricerca nazionali ed europee del tempo, in particolare a Horizon 2020. Al mutare dello scenario tecnologico e di mercato, anche la roadmap andava aggiornata.
Soprattutto, poi, sono intervenuti avvenimenti di importanza globale. La frammentazione delle filiere e il rallentamento della domanda mondiale determinati dalla pandemia di Covid-19, hanno portato il CFI ha definire documento che abbiamo citato, “Produrre un Paese resiliente”, che individua interventi immediati, a medio termine e a carattere sistemico per incrementare la resilienza del sistema manifatturiero. Seleziona le tecnologie cruciali da implementare, e include una proposta di politica industriale, diretta ai ministeri interessati: quella di dotare l’Italia di un sistema di “pronto intervento” in grado di realizzare qualsiasi prodotto richiesto dal Paese. In questo contesto emergenziale, alcuni contributi sviluppati per la seconda Roadmap sono confluiti nel documento. La sua redazione è pertanto rallentata: sarà terminata e pubblicata nei prossimi mesi.
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Siemens Industry Software e la Roadmap
In che ambito della Roadmap l’azienda intende intervenire? Nel contesto delle tecnologie e metodologie che riguardano l’area dell’ingegneria adattiva e dei sistemi di produzione personalizzata, Siemens Industry Software supporterà i Gtts in riferimento a: Gtts1: sistemi per la produzione personalizzata; Gtts4: sistemi di produzione ad alta efficienza; Gtts5: processi di produzione innovativi; Gtts6: sistemi di produzione evolutivi e adattivi.
Tecnologie sulle quali può individuare le traiettorie di sviluppo

Ma cosa porta “in dote”, l’azienda? I principali elementi interessanti per il cluster in quanto riconducibili a temi chiave della nuova roadmap dell’innovazione sono anzitutto i software che consentono di digitalizzare e integrare l’intera catena del valore: il Mom, il Plm e il Tia. Il Mom (manufacturing operations system), un’evoluzione del più noto Mes (manufacturing execution systems), che serve per controllare la fabbrica e allineare la produzione. Con il primo, invece, la sfera di azione si è estesa a 360 gradi: si possono pianificare le attività, tracciare componenti e prodotti, gestire la qualità e il magazzino. Insomma, da una postazione centralizzata, si può avere visibilità completa su tutti i processi e la facoltà di incidere real time sul loro andamento. Secondo Megali, è già possibile intravedere un’evoluzione di questa tecnologia. «A mio avviso – ha affermato – non è improbabile che i Plc (i controllori logico programmabili, che servono a monitorare i processi) alla fine saranno inglobati nei Mom. Continueranno ad esistere ma molte delle loro funzionalità saranno virtualizzate in questo software».
Quanto al Plm, sta per product lifecycle management. È una soluzione che serve a gestire l’intero ciclo di vita di un prodotto, dalla sua concezione al suo ritiro dal mercato; ciò avviene con una condivisione totale dei dati relativi al bene fra le diverse funzioni dell’impresa. Secondo Megali, questa tecnologia è destinata ad una costante evoluzione. «Si estenderà sempre di più, e riguarderà non solo aspetti meccanici, ma la gestione dei costi, quella dei requisiti, la meccatronica e altro». Il Plm inoltre incorpora un gemello digitale che viene alimentato con i dati provenienti dall’intera catena del valore. Secondo Megali, il modello di digital twin destinato ad affermarsi è quello “comprehensive” «e cioè quello che non solo fornisce una rappresentazione tridimensionale del bene: vengono simulate tutte le condizioni ambientali nelle quali l’oggetto si troverà ad operare una volta uscito dalla fabbrica. Si potrebbe definire il “gemello omozigote” del bene». Un’altra tecnologia collegata è il low coding, «che sarà presto un importante breakthrough nella manifattura». In pratica, su tratta di ambienti di sviluppo che permettono di creare app attraverso moduli di configurazione, invece di programmare scrivendo codice sorgente. «Si creano così app che si interfacciano con sistemi eterogenei. Oggi nella maggior parte dei casi i report si realizzano con Excel, e rappresentano una fotografia di una certa situazione in un determinato momento. Con il low coding si può realizzare un film, nel senso che si rendono fruibili dati real time a costo bassissimo, usufruendo dei dati provenienti dai sistemi legacy senza ricorrere alla creazione di integrazioni ad hoc».
Altre possibili evoluzioni di queste tecnologie sono legate al model based system engineering (Mbse) che consiste in una metodologia utilizzata per supportare i requisiti, la progettazione, l’analisi, la verifica, la convalida e lo sviluppo di sistemi complessi. A differenza dell’ingegneria tradizionale, che si basa sui documenti, il Mbse pone i modelli digitali al centro del design. Gli ingegneri che lavorano al progetto adottano un unico approccio, un solo standard, e ciò consente di evitare le incongruenze che inevitabilmente si verificano con modelli diversi. Inoltre, la disponibilità di dati consente di realizzare con prestezza eventuali correzioni, o di assumere nuove decisioni comuni sul plan. Se il Mbse viene eseguito correttamente, si assiste ad una minore incidenza dei rischi di sviluppo. Quanto al Tia (totally integrated automation), è un’architettura di sistema aperta che consente l’interazione senza soluzione di continuità di tutti i componenti di automazione, del software coinvolto e dei servizi di livello superiore.
C’è poi una seconda categoria di tecnologie delle quali Siemens Industry Software potrebbe preconizzare i trend: quella del software per i controller industriali. Qui l’azienda può portare in dote l’esperienza maturata dalla multinazionale di appartenenza, che realizza soluzioni avanzate che supportano gli utenti supporta gli utenti durante l’intero ciclo di vita della macchina o dell’impianto: dalle fasi di pianificazione e progettazione, alla configurazione e programmazione, fino alla messa in servizio, al funzionamento e all’aggiornamento. Che a differenza di Mom, Mes e Tia (progettati a Genova), sono però concepite e create in Germania. «Una circostanza di scarso rilievo – ha affermato Megali – perché esistono fortissime interrelazioni nelle attività del Gruppo. Ad esempio, a Genova non ci occupiamo di qualità, ma siamo ben al corrente degli sviluppi in questo campo; e il digital manufacturing viene sviluppato in Israele, e non in Germania, ma è a disposizione di tutti. I centri di ricerca, dovunque essi siano, parlano sempre tra di loro; e le nuove feature sono messe a fattor comune».
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Come le tecnologie oggetto di previsione incrociano il documento “Produrre un Paese resiliente”
Tecnologie come il Plm, Mom o il Tia rilevano in “Produrre un Paese resiliente” quando, nel contesto degli interventi immediati, si parla della necessità di dotare la manifattura italiana di «sistemi di produzione che garantiscano una forte interconnessione sia a livello orizzontale, favorendo il dialogo tra le macchine, che verticale, assicurando l’acquisizione di istruzioni tecnologiche e gestionali in modo automatico». Ma anche, quanto al Mom e nello stesso contesto, quando si parla di «soluzioni per la tracciabilità dei prodotti nelle filiere anche in presenza in presenza di eventi imprevisti».

Perché Siemens Industry Software è entrato a far parte del CFI
«Declinando l’obiettivo generale – ha affermato Megali – e cioè quello di contribuire all’interpretazione dei trend delle tecnologie di cui ci occupiamo, intendiamo porre l’accento non solo sull’impatto che queste innovazioni possono avere sulla singola impresa manifatturiera, ma anche sulla filiera. A nostro avviso, l’avanzamento del manufacturing passa attraverso la capacità di integrare la supply chain, e in ciò strumenti come il Mom possono giocare un ruolo di rilievo. Le Pmi in particolare necessitano di una visione del futuro, e questo di certo riguarda i trend, ma anche il “come”, e quindi anche le best practice. Il nostro intento è che il contributo che possiamo offrire alla redazione della Roadmap possa aiutare a colmare questo gap. Finisco aggiungendo che la digital transformation impatta più le persone che la tecnologia e ci aspettiamo dunque che nel Piano siano inclusi training e formazione professionale. Le persone fanno la differenza se supportate dalla giusta tecnologia».