Arriva il primo candidato Lighthouse Plant espressione del mondo delle medie imprese italiane: HSD Mechatronics. In questa fabbrica intelligente si punta da un lato su personalizzazione, dall'altro su alta efficienza e produzione zero defects. Anzi, l'idea è di diventare il primo Lighthouse Plant Zero Defects. E di realizzare l'Intelligent Supply Chain al 100%.
Stiamo parlando di HSD Mechatronics, che fa parte del Gruppo Biesse (multinazionale quotata a Piazza Affari, che con 750 milioni di euro di ricavi è leader nelle macchine da taglio), ha un giro d’affari superiore agli 80 milioni di euro ed è il secondo operatore mondiale nella progettazione, produzione e commercializzazione di elettromandrini e dispositivi tecnologicamente avanzati per macchine utensili destinate alla lavorazione del legno, metallo, materiali compositi, vetro e pietra. Esse sono applicate in settori che vanno dall’arredamento all’edilizia, dalla robotica all’elettronica di consumo, dall’automotive e aerospace.

All’interno di una struttura di 8.000 mq, organizzata secondo i principi della Lean production, lo stabilimento HSD di Gradara sviluppa un’ampia gamma di dispositivi ed apparecchiature meccatroniche, tra cui elettromandrini e teste bi-rotative, tavole roto-basculanti con tecnologie Industria 4.0 ready.
HSD sta investendo fortemente in un progetto tale da cambiare il mercato di riferimento: Electrospindle 4.0, che ruota intorno all’elettromandrino e-core, totalmente interconnesso e quindi capace di dialogare con il costruttore di macchine e con una serie di altri soggetti mentre è in azione.
Tra i soci più attivi di CFI, da sempre
HSD è tra i soci più coinvolti e motivati del Cluster Fabbrica Intelligente, e partecipa alla stesura della nuova Roadmap. «Si accede così in concreto nel futuro di una fabbrica intelligente, lavorando a più mani attorno alle sfide che il lavoro quotidiano comanda. Applicare le nuove tecnologie digitali ai prodotti ed ai processi tramite il progetto LHP consentirà di sviluppare metriche e sistemi per HSD e per la sua filiera industriale: metodologie e sistemi che si potranno estendere alle imprese del territorio. Lavoreremo per attuare le Linee di Intervento – ma a Tulio Tollio, del Politecnico di Milano, piace chiamarle sfide – della Roadmap del CFI allo stabilimento, ai nostri prodotti e alla Supply Chain», dice Paolo Galli, Product & Innovation Manager di HSD.
La candidatura a Lighthouse parte da Electrospindle 4.0
Nel caso di HSD – che nel Cluster è entrato tramite il veicolo Marche Manufacturing, nato nell’Università di Ancona e di cui l’azienda è socio fondatore – le sfide sono due e inscindibili: la prima, personalizzazione; la seconda alta efficienza e produzione zero defects. Sfide che per essere affrontate richiedono sistemi di produzioni evolutivi e resilienti. «Attenzione», prosegue Galli, «non si tratta di teorie ma di progettare nuovi business model in ottica predittiva». Il già citato progetto ElectroSpindle 4.0 va in questa direzione, ed è da esso che Hsd e CFI stanno delineando la candidatura dell’azienda a futuro Lighthouse Plant.
Progettare significa mettere al centro l’uomo e le competenze, tenendo la barra diritta sulla sostenibilità. Perché c’è una cosa che il new normal post Covid-19 – nel quale vivremo e lavoreremo a lungo – pretende: l’economia dovrà farsi sempre più circolare. Ma procediamo con ordine.
Il primo Lighthouse Zero Defect Manufacturing
Come si è detto, quello di HSD potrebbe essere il primo LHP Zero Defect Manufacturing. La matrice della Roadmap serve da guida per la messa a punto di quella che potremmo definire insieme a Fabrizio Pierini, Ceo di HSD: «Una Control tower della Supply Chain. È una concreta progressiva messa a terra di una business intelligence adatta a governare meglio i cambiamenti: quelli volontari, di solito in arrivo dal cliente, così come quelli involontari, ovvero determinati da situazioni avverse qual è il Coronavirus. La Control tower aiuta a scegliere i cambiamenti anche attraverso simulazioni».
Roadmap e Control tower della Supply Chain
Una business intelligence dunque che necessita di tecnologie che vanno «dal dato raccolto dal sensore dentro il guanto dell’operatore, che dice se sta prendendo l’oggetto giusto nell’ubicazione giusta sino al cloud. Tale sensore è in grado di fare, per certe operazioni, un doppio controllo, ad esempio in fase di picking e in fase di assemblaggio». La Control tower inoltre, come spiega Pierini «permette alla fabbrica intelligente di non essere più solo monofiliera, ma di avere e gestire più canali di fornitura, riuscendo a capire puntualmente dove sta il break-even tra make or buy. Una questione spinosa per i manager del manifatturiero da sempre, quest’ultima è legata al momento storico dell’azienda, alle risorse e alle competenze. Ma una Business intelligence applicata alla Supply Chain permette di affrontare le criticità, anticipando le soluzioni ai problemi. È un po’ come il controllo di gestione, nato nell’area amministrativa tanti anni fa, che permette di predire il peggioramento o il miglioramento del bilancio di un’azienda. Ecco, qui è uguale: quindi la Business intelligence applicata sulla Supply Chain permette di evitare fermi di produzione, volumi di materiali che si addensano e mangiano cassa, e reagire con efficacia a cambiamenti inattesi o imprevisti. La Business intelligence consente di fare un monitoraggio settimanale di tutti gli attori protagonisti della Supply Chain».
Il posizionamento sulla Roadmap e l’Intelligent Supply Chain
Se ritorniamo alla matrice della Roadmap studiata dal CFI, HSD si muove lungo le sfide L1 (Sistemi per prodotti personalizzati) ed L4 (Sistemi integrati ad alta efficienza & produzione zero defects) laddove si intersecano con la linea di Intervento delle tecnologie relative a sistemi di produzione evolutivi e resilienti (L6).
Un processo che permette di affinare le capacità autodiagnostiche e di condividerle con i partner di filiera in un programma collaborativo di miglioramento continuo. La control tower permetterà ad HSD di ragionare in ottica sempre più predittiva, sia sul fronte logistico, che su quelli tecnico e commerciale. Essere così in grado di anticipare l’individuazione di criticità, guasti, malfunzionamenti, ritardi ed avere il tempo per attuare soluzioni volte ad eliminare i disagi che potrebbero altrimenti raggiungere i clienti o il processo produttivo o la Supply Chain. Insomma, si potranno evitare mitigare disagi, ritardi, guasti, migliorare il Capacity planning, tramite quella che possiamo definire una Intelligent Supply Chain.
L’uomo al centro e le competenze: una sfida, non un mezzo
La matrice della nuova roadmap è un utile scandaglio per andare nella “pancia” di HSD e testarne la stoffa di ‘fabbrica intelligente’ sul fronte della valorizzazione delle persone (Linea di intervento 3). Chiedere a Fabrizio Pierini, come viene affrontato il problema delle competenze, fra reskilling ed upskilling, per stare al passo con un processo così ambizioso come quello perseguito in HSD significa sentirsi rispondere: «Questa è una buona domanda. In HSD abbiamo precocemente iniziato a prendere appunti dalle best practices, per trovarci oggi ad erogare formazione (re-skilling & upskilling) con HSD Training Lab. Con esso distribuiamo i “fondamentali”, i basics della meccatronica. Un esempio? Per un operatore di linea diplomato in una materia tecnica (meccanica o elettronica) noi formuliamo percorsi di formazione specifica: tecniche dell’affidabilità, ingegneria applicata a cuscinetti ad alta velocità, sensoristica, ecc. Se è vero che oggi abbiamo per fortuna i meccatronici diplomati dagli istituti tecnici, noi però ci garantiamo un percorso all’interno dell’azienda con docenti esperti e con corsi pratici.»
Pierini fa notare: «Abbiamo altri canali formativi destinati ai nostri tecnici che vanno presso il cliente a fare installazioni o interventi di manutenzione. Infine abbiamo anche un canale formativo in cui educhiamo tutto il restante personale, specialmente quello gestionale, sugli strumenti digitali di nuova concezione come quelli avanzati per la progettazione e per l’industrializzazione. Progettiamo con strumenti che permettono di creare formati digitali dei nostri disegni, poi elaborati in Cad così da prevedere il costo del prodotto. I sistemi di Lean cost permettono di analizzare a monte tutta una serie di componenti e decidere se viene rispettato il target economico. In caso contrario sarà rivisto».
Puntare sulle competenze in HSD al saldo, significa assicurarsi capacità di intervento su due tempi: uno reattivo a breve, uno strutturale. Perini risponde: «Mi faccia soffermare su questo. Sul primo fronte avremo una task force cross funzionale, cioè un team di persone competenti in vari ambiti. In questo team ci sono i buyer, i programmatori, i back-office commerciali, quindi tutta la parte pensante e gestionale della fabbrica. Questa task force ha le competenze per colpire l’obiettivo: la perfetta conoscenza della Supply Chain End-to-End e nella contemporaneità della crisi come fa? Per esempio non staccando mai i contatti con la catena di fornitura, anche senza avere la fornitura. Un esempio concreto in questo senso è stata la gestione nel lockdown: forniture sospese, ma la task force attaccata quotidianamente alla catena di fornitura per scambiarsi informazioni. E anche farsi trovare pronta ad aiutare i fornitori dando loro supporto, in fatto di controllo sanitario, di visibilità dei dati, nel restyling dei loro reparti, per riprogrammarli o rischedularli. Insomma: co-progettare questi processi è il segno delle risposte reattive a breve termine».
Se invece traguardiamo al punto di vista strutturale – quindi al medio termine – le competenze investono altri ambiti: il Risk-management della Supply Chain e la Business intelligence, di cui si è già detto. Ma nel concreto di cosa si tratta? Pierini delinea gli scenari: «Progettiamo un portale per/con i fornitori, dove si possa comunicare più velocemente tutto quello che non sia mera fornitura – quantità di pezzi, prezzi, qualità – ma comunicare meglio riguardo lo stato di avanzamento dei loro processi, come stia vivendo l’azienda e quali siano le sue problematiche in modo tale che queste risorse esterne siano ancora più integrate con l’azienda, con il core business. Insomma un unico business integrato, una rete pulsante che si aggiorna in tempo reale.»
Sostenibilità vo cercando
Competenze, filiere collaboranti… ma non c’è Business intelligence senza sostenibilità. E qui Pierini inanella le certificazioni, altrettante testimoni di un approccio a forte contenuto di responsabilità sociale circa gli ambienti di lavoro: «HSD ha le certificazioni ISO9001 su sistema gestione qualità, ISO45001 sistema gestione sicurezza degli ambienti di lavoro; per il 2020 abbiamo in programma la certificazione ISO18001 sul sistema gestione ambiente. Per policy non vogliamo essere autoreferenziali, ma vogliamo aderire agli standard nei quali crediamo fortemente. Perché aiutano a crescere, perché creano valore aggiunto. E la gestione del rischio crea valore aggiunto». E c’è dell’altro. «Abbiamo affrontato diversi anni fa la problematica di pensare componenti sempre meno energivori: grazie al bando Industria 2015 – Made in Italy dedicato all’efficientamento energetico, oggi noi progettiamo e produciamo oggetti che soddisfano i requisiti di sostenibilità energetica e che hanno integrato delle nuove metriche di progettazione che arricchiscono il nostro DNA anche su questo tema».
Grazie al progetto Electrospindle 4.0 abbinato al LHP Zero Defects Factory, «Avvieremo uno studio innovativo per la revisione di tutte le nostre logiche di progettazione, sia per soddisfare la domanda del nostro cliente sia per una standardizzazione industriale intelligente dei nostri prodotti», dice Pierini, che prosegue: «In modo tale che possano avere un costo giusto per poi avere un prezzo giusto. Il che equivale a garantire che un prodotto possa essere riutilizzato al meglio, riparato al meglio, fino a recuperare al meglio i materiali per farli ritornare raw material. Entra in gioco quindi una tematica nuova, quella del Demanufacturing che ci interessa molto. La sostenibilità a cui pensiamo – anche con CFI – non è una moda da salotto, ma un approccio di Business intelligence ineludibile».
High Speed Development
HSD, fondata nel 1991 dalla Famiglia Selci (fondatori anche del Gruppo Biesse) è l’acronimo di High Speed Development, ovvero “sviluppo ad alta velocità”, perché «i nostri prodotti permettono di movimentare il pezzo, o l’utensile, in azione attorno all’asportazione di materiali», spiega l’amministratore delegato Fabrizio Pierini, da 25 anni in azienda e che ne ha caratterizzato la crescita. Ma non è da sottovalutare la seconda parte del nome, ovvero “Mechatronics”: «siamo orgogliosi di essere stati fra i primi a portare la meccatronica in un settore che era concepito essenzialmente come meccanico. L’abbiamo fatto fin da quando ancora non si parlava di 4.0. Si tratta di abbinare la meccanica di precisione con l’elettronica e il SW necessari a governare macchine e dispositivi tramite la raccolta, l’analisi e l’elaborazione dei dati di prodotto e di processo, inclusa la capacità di Edge Computing che in alcuni nostri prodotti è già presente da quasi un decennio. Del resto, la nostra convinzione è che nel nostro settore l’evoluzione meccatronica sarà una necessità legata alla competitività e alla elevata qualità dei prodotti: un must per la Zero Defects Factory».
Global mechatronics partner dei costruttori di macchine utensili
Dal canto suo, HSD vuole essere “global mechatronics partner dei costruttori di macchine utensili”. Perché, come spiega Pierini: «Noi lavoriamo a fianco dei clienti, per progettare insieme a loro soluzioni personalizzate. Perché ognuno di essi ha esigenze diverse, che mutano continuamente a seconda dei progetti». E racconta: «Noi portiamo la nostra esperienza di costruttori di elettro-mandrini o di componenti che permettono di lavorare il pezzo; loro la competenza nel loro processo, cosa vogliono fare con la macchina, che prestazioni devono ottenere e che lavorazioni fare in determinate condizioni. È un processo meticoloso che richiede tempo: si arriva – per progettare, realizzare e validare il nuovo dispositivo sulla macchina – 12 mesi dopo. Non stupisca questo arco temporale: il componente core della macchina utensile, il mandrino appunto, è il punto di contatto tra il pezzo lavorato e la macchina».
I clienti di HSD (i costruttori di macchine utensili), hanno utenti finali di tutte le dimensioni: dai piccoli laboratori alle multinazionali come Ikea, che produce mobili in fabbriche ad alto tasso di macchine utensili. Come partner dei costruttori di macchine utensili, le filiere preferenziali di Hsd sono l’aerospace – con aziende come Bell Helicopters, Boeing; l’automotive, soprattutto le fabbriche con macchine utensili dedicate a produzioni just-in-time; l’electronic consumer – Samsung, LG. Ma anche la robotica, dove i suoi oggetti vengono integrati nei robot e nel handling, e stanno prendendo sempre più piede nella lavorazione di finiture superficiali e nella automazione di attività manuali, ad esempio per il deburring, cioè la sbavatura. Tra i settori di macchine utensili un po’ più di nicchia, però interessanti in prospettiva evolutiva c’ è il medicale. Soprattutto quello orientato ai componenti con leghe speciali. Come il titanio utilizzato nelle Human spare parts (placche metalliche, viti, supporti).
Un mercato in forte espansione: le prospettive di crescita per Hsd
Non ci sono dubbi sulla pervasività dell’automazione e sul suo impatto su tutte le filiere economiche e sociali globali. A trainare il mercato sono soprattutto la Cina e gli Stati Uniti. Statista ( la business platform, fornitore leader di dati di mercato e di consumo) prevede che il giro d’affari globale dell’automazione industriale passerà dai 186 miliardi del 2019 ai 214 del 2021. Il rallentamento 2020 causa Covid-19 non è ancora incorporato in queste stime, ma si tratta comunque di uno stop congiunturale che verrà recuperato. Acumen Research arriva fino al 2026, quando si potrebbe toccare quota 287 miliardi di dollari. Lo spazio di sviluppo per HSD Mechatronics, quindi, è teoricamente amplissimo. «Prima della pandemia gli indicatori erano tutti in crescita. Per esempio i paesi asiatici sono in una fase di industrializzazione iniziale, con una grande alfabetizzazione industriale ed un tessuto che si sta automatizzando con macchinari a tutti i livelli. Per quanto riguarda l’Europa, c’è una industria pronta a questa nuova fase che però deve ancora essere coinvolta a pieno regime dalla rivoluzione del 4.0, destinata a toccare le performance e la sostenibilità, tematiche premature per l’Asia. Dunque, un paesaggio con due necessità: grandi quantità di macchine per i nuovi mercati asiatici, macchine capaci di rispondere a sfide nuove per l’Europa. Mentre le Americhe stanno un po’ nel mezzo tra questi due scenari. Siccome parliamo di oggetti complessi, i competitor non sono tantissimi: i costruttori di componenti come i nostri, dispositivi che stanno diventando sempre più “intelligenti”, sono circa 40 nel mondo».
HSD vorrebbe svilupparsi soprattutto nella parte metallo: «Il successo che abbiamo avuto nel WAP (Wood Advanced Material, Plastic) vogliamo replicarlo nel metal, dove abbiamo il 5% di marca HR. C’è un’opportunità gigantesca da raccogliere».
I progetti di crescita di HSD, come è logico che sia, necessitano di capitali per alimentare gli investimenti. «Nel corso del 2018 siamo arrivati molto vicini alla quotazione alla borsa di Milano nel segmento Star, ma a causa delle sopravvenute avverse condizioni di mercato si è deciso di posticipare l’operazione di quotazione a data da destinarsi. Ritengo che in futuro potrebbe esserci un nuovo tentativo, se le condizioni torneranno favorevoli» dice Pierini. In programma ci sono anche acquisizioni? «Ci potrebbero interessare anche m&a di tipo strategico, qualora si presentassero buone opportunità nella direzione di I. 4.0: la nostra mission è quella di essere e continuare a diventare Global Mechatronic Partner per i costruttori di macchine utensili e sostenerli nella migrazione verso Industry 4.0. La nostra ambizione è di poter offrire ai nostri clienti tutti i componenti necessari per l’equipaggiamento delle macchine».